Percezione

La creazione di una nuova, importante istituzione culturale e didattica in un territorio circoscritto come il Canton Ticino, endemicamente segnato da piccoli e grandi contrasti interni (partitici, ideologici o di mero interesse), non poteva che ritrovarsi confrontata all’insorgere di fronti opposti, attori di un dibattito pubblico che negli anni è stato anche molto vivace. La sorprendente realizzazione dell’USI, il cui progetto si concretizza tra il 1993 e il 1996 con un’adesione trasversale progressiva di tutte le forze politiche, sembrava aver messo a tacere la proverbiale litigiosità dei ticinesi, non senza però riserve e critiche, sia prima che dopo l’avvio dei corsi. In generale, soprattutto se vista da fuori, l’attenzione pubblica sull’università ha preso sovente la forma di una mancanza di benevolenza, quasi di sfiducia, tradotta in più o meno velate accuse di parzialità, di lontananza dal territorio, persino di favoritismi. 

La polarizzazione delle posizioni è evidente a chi osservi con attenzione la stampa ticinese degli anni Novanta: favorevole d’ufficio e senza mezzi termini il «Giornale del Popolo» (che vedeva nell’USI soprattutto il contributo dell’area cattolica e pensava a possibili sviluppi in comune con la Facoltà di Teologia), moderatamente favorevole il «Corriere del Ticino» (vicino al Sindaco Giorgio Giudici e agli ambienti economici luganesi), molto severa «La Regione» (voce anche di quella sinistra che, attraverso «Libera Stampa» e il gruppo di “Nuova Critica”, aveva contribuito a rilanciare il progetto universitario, per poi ritrovarsi esclusa). Emblematica, per citare un unico esempio, la diversa percezione di una notizia comunque importante come l’esito dell’indagine svolta dal Consiglio Svizzero della Scienza nella primavera del 1999, reso noto il 26 giugno: ateneo promosso «a pieni voti» per il quotidiano della Curia, mentre il giornale bellinzonese titolava Università, non solo note positive. Allo stesso modo le improvvise dimissioni di Kurt W. Forster da direttore dell’Accademia di Architettura (marzo 2002, dopo pochi mesi di mandato) furono sfruttate da alcune testate in termini scandalistici, al punto da suscitare prese di posizione ufficiali del presidente Marco Baggiolini e del primo direttore Aurelio Galfetti.

 

In quegli stessi mesi una delle voci più critiche, specie nei confronti dell’operato della Facoltà di scienze della comunicazione e della sua insufficiente relazione con il territorio e con la cultura locale, fu quello stesso Giovanni Orelli che era stato relatore, in Gran Consiglio, del messaggio legislativo del 3 ottobre 1995 e che a pochi anni di distanza non temeva di mostrare tutta la sua delusione: «Che fa l’USI per migliorare (come si auspicava quando stava per nascere, di necessità e un poco socchiudendo gli occhi, “per sognare”) il linguaggio della tribù? È interrogativo-pentolone che magari nessuno ha voglia di scoperchiare. Si è comunque tentati di osservare, in tono minore minore, che l’Accademia di Mendrisio fa meglio della luganese Facoltà della comunicazione per l’arricchimento del paese» («Azione», 13 marzo 2002). L’occhio di riguardo concesso all’Accademia di Architettura, sentimento comune ad altri intellettuali di sinistra, dipendeva anche dal suo essere ritenuta (a torto o a ragione) una diretta filiazione cantonale, molto più “statale” delle “private” facoltà luganesi. Non molto diverse apparivano ad esempio le opinioni di Tita Carloni, Christian Marazzi e Graziano Martignoni, autori già nel giugno del 1995 di un fascicolo monografico della rivista “Archivio Storico Ticinese” in cui la medesima questione veniva posta in termini inequivocabili: «Nel progetto luganese colpisce innanzitutto il richiamo al pluralismo, peraltro molto contraddittorio perché, se l’Accademia di architettura si configura come un grande progetto democratico, le facoltà luganesi rappresentano invece delle scelte di tipo privatistico, sia in senso politico sia in senso culturale» (Christian Marazzi). Tali obiezioni sarebbe cadute automaticamente dopo il 2003, con il passaggio delle facoltà luganesi all’ente USI, ma rimane il fatto che soprattutto Scienze della comunicazione, anche per la presenza di alcuni docenti e studenti vicini a Comunione e Liberazione (comunque minoritari), fu un vero osservato speciale dei primi anni: lo testimonia un severo dossier promosso dalla rivista “Dialoghi”, di area cattolico-progressista, curato da Enrico Morresi e Carlo Silini nel gennaio del 2003, nel quale si mettevano in luce le difficoltà interne delle facoltà (più generoso il giudizio sulle altre due) suscitate dalla contrapposizione, anche ideologica, tra gli insegnamenti di Eddo Rigotti e quelli di Gaetano Romano, assistente di Ulrich Saxer che nel frattempo non era stato riconfermato nell’incarico.

Persino una grande notizia positiva come la donazione milionaria di Celestina Daccò, resa nota nel corso del 1998, si trovò confrontata a critiche su più fronti – da “La Regione” alla “Neue Zürcher Zeitung” – nei quali si ipotizzava una provenienza illecita dei fondi o si stigmatizzavano segrete manovre per promuovere indirettamente il riconoscimento della Facoltà di Teologia. Lavorava ancora, sottotraccia, la convinzione di molti in Ticino e Oltralpe che un’università nata anche con finanziamenti privati non sarebbe stata in grado di garantire libertà di ricerca e di insegnamento. L’Associazione per la Scuola Pubblica promosse una giornata di studio su questi temi, l’11 giugno 2005 nella Sala Multiuso di Paradiso, che si trasformò di fatto in un giudizio a vasto raggio sull’operato dell’USI nei suoi primi dieci anni di vita, non sensa ribadire le consuete critiche mosse all’ateneo sin dalla sua fondazione dalle frange più radicali dell’opinione pubblica.

In tempi più recenti si è tornati a parlare dell’USI quasi soltanto in occasione dei tiepidi dibattiti parlamentari sul rinnovo dei mandati di prestazione e dei finanziamenti cantonali, ma sembra essersi affievolita – anche per un naturale esaurirsi degli argomenti – la virulenza oppositiva dei primi anni. Sempre più frequenti sono state invece le opinioni di segno positivo, ad esempio alla nascita della Facoltà di scienze informatiche (2004) o dell’Istituto di studi italiani (2007), per non parlare dei posizionamenti internazionali culminati nei rankings molto positivi del 2020-21.