Biomedicina

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L’idea di portare nella Svizzera italiana insegnamenti accademici nel campo della medicina si è sempre scontrata, storicamente, con l’ostacolo dei costi, tra i più elevati per una facoltà universitaria. «Sarebbe illusione» scriveva Stefano Franscini alla metà dell’Ottocento «il pretendere di fondar neI paese tutti i rami d’insegnamento superiore che sono proprii di una Università, i rami specialmente della facoltà medica e chirurgica, siccome ancora quelli delle facoltà matematiche» (Messaggio del Consiglio di Stato, 16 maggio 1843). Nonostante questo, nei medesimi anni in cui il celebre statista proponeva il suo progetto di Accademia cantonale il borgo di Mendrisio poteva scrivere «col legato Turconi devesi erigere l’ospitale della Beata Vergine; per cui col tempo a prosperamento di questa istituzione Accademica potrebbesi aggiungere la Facoltà medica, ed avere col detto Ospitale una Clinica per l’istruzione della gioventù, emancipando anche sotto questo rapporto i Ticinesi dall’estera dipendenza» (Il comitato del Distretto di Mendrisio per la sede dell’Accademia ticinese, Capolago, Tipografia Elvetica, 1844).

 

> la questione dei diplomi. Al di là di proposte estemporanee, un acceso dibattito si ebbe all’inizio del XX secolo, negli anni in cui fu creata la Foederatio Medicorum Helveticorum (1901), quando una modifica alla legge del 1870 che imponeva a medici, farmacisti e veterinari l’obbligo di un diploma federale cancellò nel 1903 la cosiddetta “eccezione ticinese”, rendendo nulle le lauree conseguite in Italia dagli studenti del Cantone (sòrte simile ebbero nella stessa epoca le lauree in diritto). La soluzione proposta, tra gli altri, dal linguista Carlo Salvioni (1912) era la semplice equiparazione della formazione italiana a quella svizzera, problema non risolvibile in quella forma e che si trascinò fino alla fine degli anni Ottanta del Novecento, quando – anche per contrastare il timore dell’imposizione di un numerus clausus nelle facoltà di medicina svizzere − il Dipartimento Istruzione e Cultura diretto da Giuseppe Buffi intraprese i primi tentativi di collaborazione con l’Università di Varese (nata nel 1972 dalla gemmazione di corsi di laurea in chirurgia e medicina dell’Università di Pavia) al fine di coordinare i piani di studio in vista dell’esame federale svizzero per gli studenti ticinesi, accordo che contemplava anche la possibilità per gli iscritti nell’ateneo italiano di fare pratica negli ospedali del Cantone.

 

> iniziative dei primi anni Novanta. Nonostante la costante presenza di professori ticinesi nelle cliniche universitarie della Svizzera tedesca e francese e la vivacità del tessuto ospedaliero e scientifico ticinese non fu possibile affrontare il problema in modo serio se non verso la fine del secolo, quando si registrarono alcune iniziative sporadiche, dovute ad esempio al dott. Roberto Malacrida (che propose alcuni cicli di corsi di aggiornamento a Bellinzona e promosse senza successo l’idea di un Istituto intercantonale in biomedicina) oppure al dott. Tiziano Moccetti, che tramite la Fondazione Parco Maraini per Studi Universitari cercò in quegli stessi anni di creare le basi per una futura facoltà di medicina in Ticino. Non mancavano d’altronde istituti ticinesi, specie quelli cantonali, attivi nell’ambito della ricerca medica: dall’Istituto di Patologia di Locarno, all’Istituto cantonale batteriosierologico, per citarne soltanto alcuni, ma era ancora molto lontana la possibilità concreta di una nuova facoltà.

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  • Istituto di Ricerca in Biomedicina

    L’idea di fondare un istitituto di ricerca dedicato all’immunologia umana si deve al dott. Giorgio Noseda, docente universitario e primario di medicina presso l’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio, che sin dai primi anni Novanta era andato ipotizzando la creazione di istituti di ricerca medica in Ticino, meglio se afferenti a università svizzere o straniere e legati al sistema ospedaliero del Cantone. È del 1993 inoltre una presa di posizione ufficiale della Commissione interfacoltà di medicina svizzera (CIMS) in favore di insegnamenti accademici nella Svizzera italiana nell’ambito delle scienze mediche. Anche per rispondere a quello stimolo, Noseda raccolse attorno a sé un gruppo di promotori composto da Marco Baggiolini (futuro presidente dell’USI), Franco Cavalli (oncologo), Jean-Claude Piffaretti (microbiologo), Carlo Maggini (direttore dell’Ente Ospedaliero Cantonale) e Claudio Marone (direttore sanitario dell’Ospedale San Giovanni di Bellinzona) con l’intenzione di favorire con il tempo la creazione di una Facoltà di scienze biomediche, partendo da un istituto di ricerca. Inizialmente si pensava di insediare l’istituto a Lugano, sede principale dell’università, ma la difficoltà a reperire una sede adatta e la contemporanea proposta del sindaco di Bellinzona Paolo Agustoni di utilizzare uno stabile appena liberato dalla Swisscom convinsero Noseda e gli altri promotori a preferire la capitale, gettando di fatto le basi per il futuro campus bellinzonese. Il progetto fu presentato ufficialmente al pubblico il 7 novembre 1996, pochi giorni dopo l’inaugurazione dell’USI, e il 24 giugno del 1997 fu costituita la Fondazione omonima.

    L’istituto con sede in Via Vela 6 fu inaugurato il 28 settembre 2000 sotto la direzione di Antonio Lanzavecchia, già attivo presso il Basel Institute for Immunology la cui chiusura proprio quell’anno, per decisione della Hofmann-La Roche, favorì indirettamente la crescita della nuova realtà ticinese. Nel primo consiglio scientifico dell’IRB sedevano, assieme a Lanzavecchia, Bernard Mach (Università di Ginevra), Fritz Melchers (Basel Institute for Immunology), Ralph Steinman (Rockefeller University di New York), Hans Hengartner (Istituto di immunologia sperimentale dell’Università di Zurigo) e Marco Baggiolini (presidente dell’USI). Importanti contributi finanziari giunsero da fonti sia pubbliche che private: oltre ai crediti ricorrenti garantiti in varie forme da Confederazione, Cantone Ticino e Comune di Bellinzona, la Fondazione Horten fornì un investimento iniziale di 10 milioni, mentre l’imprenditore Augusto Gallera donò all’IRB il palazzo e il pastificio di Via Vela 5 (stimati in 6 milioni di franchi) attigui alla sede originaria dell’istituto. Con un budget annuale di circa 4 milioni, nei primi anni l’IRB gestiva sei gruppi di ricerca. I risultati ottenuti permisero ben presto di attrarre nuovi investitori e di vincere mandati di ricerca competitiva, cosa che garantì all’istituto una crescita esponenziale: a partire dal 2016 l’IRB ha una cifra d’affari che sfiora i 20 milioni di franchi e dà lavoro a più di 120 collaboratori. Sull’arco di 20 anni l’istituto ha conquistato 116 milioni di franchi dalla ricerca competitiva e ha ottenuto 87 milioni di franchi di fondi pubblici (41 dalla Confederazione, 35 dal Cantone e 11 dal Comune di Bellinzona) e 58 di fondi privati sotto forma di donazioni.

    Con la creazione nel maggio del 2002 dell’Istituto Oncologico di Ricerca, gemmazione dell’Istituto oncologico della Svizzera italiana fondato da Franco Cavalli, l’IRB ha trovato un valido partner nel ramo della ricerca applicata. I due enti beneficiano inoltre della vicinanza dell’Istituto cantonale di microbiologia e del Laboratorio cantonale di igiene (trasferiti da Lugano a Bellinzona nel 2003), della start-up Humabs (creata dall’IRB) e da gruppi di ricerca legati all’Ente ospedaliero cantonale. L’IRB è affiliato all’USI dal 2010, dal 2014 ne condivide la cattedra in biologia computazionale e dal 2015 è parte della Facoltà di scienze biomediche. Dal 2020 la direzione scientifica è passata da Antonio Lanzavecchia a Davide Robbiani. Il nuovo campus di Bellinzona, disegnato da Aurelio Galfetti, sarà inaugurato nel corso del 2021 e raccoglierà in un’unica sede IRB, IOR, i laboratori di ricerca del Neurocentro e del Cardiocentro e altri gruppi di ricerca dell’EOC.

  • Facoltà di scienze biomediche

    La Facoltà di scienze biomediche dell’USI è nata nel 2014, dopo un periodo di incubazione di 5 anni, con l’obiettivo principale di contribuire alla soluzione di un urgente problema nazionale: la penuria di medici formati in Svizzera. Tra i principali promotori ci furono il secondo presidente dell'USI, il fisico Piero Martinoli, il Segretario di Stato per l'Innovazione e la Ricerca, già primo segretario generale dell'USI, il giurista Mauro Dell'Ambrogio e il primo decano, il dott. Mario Bianchetti. A partire dall’anno accademico 2020-21 la nuova Facoltà ha proposto un Master in medicina umana (triennio di formazione clinica) nel quadro di una collaborazione con ETH Zürich, Università di Basilea e Università di Zurigo per la parte accademica, con Ente ospedaliero cantonale e cliniche private del Canton Ticino per la formazione al letto del paziente. Nel 2023 i primi studenti dovranno superare il cosiddetto “esame di Stato” per concludere il loro studio di 6 anni complessivi. Alla Facoltà sono affiliati l’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB) e l’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR); entrambi hanno sede sul campus di Bellinzona, che a partire da fine 2021 avrà una nuovissima sede sull’ex-campo militare di Bellinzona. L’IRB è attivo dal 2000 nel campo dell’immunologia e della biologia cellulare, con 11 gruppi e circa 115 ricercatori provenienti da tutto il mondo. Lo IOR opera dal 2003 nei settori della biologia dei tumori, della genomica, dell’oncologia molecolare e delle terapie sperimentali con sei gruppi e circa 60 ricercatori provenienti da diversi paesi. Ambedue gli Istituti hanno conseguito risultati riconosciuti da tutto il mondo scientifico; e non è sorprendente che nell’estate 2021 abbiano annunciato un processo di progressiva integrazione delle loro attività di ricerca. A partire dal 2021 la Facoltà è retta dal nuovo decano, il dott. Giovanni Pedrazzini.